ORIENTARSI TRA EHRET, SHELTON E LA REALTÀ ODIERNA

da 27 Lug 2010Igienismo

LETTERA 1

Ciao Valdo, in questi giorni sto leggendo il libro del professor Ehret Il sistema di guarigione senza muco, e ho trovato delle sostanziali differenze con ciò che proponi tu. Cito ad esempio l’uso del miele e dei clisteri, che lui raccomanda, e la rinuncia ai cereali, ai legumi, ai semi e alla frutta secca.

Mi vuoi chiarire se Ehret appartiene al ramo igienistico vero e proprio, oppure no? Potresti esporre in breve il tuo pensiero su questo grande ricercatore del passato? Grazie e un caro saluto. Fabio da Roma


LETTERA 2

Gentile Valdo, continuo con piacere a leggere le tue tesine. Ho un dubbio, però.

Per lavoro e per passione, ho letto svariati libri di alimentazione, tra cui quelli di Ehret, quelli del dr Graham (seguiti da diversi atleti degli Stati Uniti), quelli della Kousmine e di chi diffonde il suo metodo, come don Sergio Chiesa, di Cibo è Salute, di cui sono stata alunna al liceo, e come il dr Fred Bisci, che ho contattavo via e-mail dopo aver letto il suo libro The Healthy Journey, in cui consiglia una transizione con determinate regole (frutta lontano dal resto, mai associazione proteine-carbo e via dicendo).

Ma, quando si tratta di progredire nel cammino, consiglia di eliminare prima gli starches (amidi) rispetto alle proteine animali. Anche la Kousmine consiglia di tanto in tanto un po’ di pesce. Ed Ehret demonizza (brutto termine, lo so) sia le proteine (che putrefanno) che i carboidrati-amidi, accusati pure essi di produrre muco.

Io stessa, mettendo in atto i vostri consigli (i tuoi in particolare, negli ultimi tempi), noto che piccole quantità di pesce o raramente di latticini o soia o uova, precedute da una bella insalata, mi fanno senz’altro stare meglio che due pugni di riso, miglio, orzo o via dicendo. Al limite sopporto l’abbinamento riso-pesce. Ma, la sola insalata più cereali, proprio no. Mi scombina. Sai dirmi perché? Grazie. Valentina


RISPOSTA

Ciao Valentina e ciao Fabio, vedrò di toccare tutti i punti che sollevate, facendo il più possibile chiarezza.

È ovvio ed è un bene che esistano sempre delle differenze tra i vari autori, anche all’interno di una stessa scuola o corrente di pensiero. Ogni essere umano ha esperienze di vita diverse, modi di sentire e di interpretare le cose diversi.

Nessuno può negare che Arnold Ehret sia stato un grande e che appartenga di diritto al filone igienistico, anche se sviluppò le sue teorie separatamente dalla scuola igienistica americana, pur operando egli stesso negli Stati Uniti, negli ultimi anni della sua vita.

Non credo affatto di essere sostanzialmente lontano da Ehret che è, tra l’altro, uno degli autori miei preferiti, per la sua chiarezza scientifica, e per la coerenza del suo insegnamento.

Occorre sempre fare anche delle considerazioni di tipo storico. Sulla questione del miele, è logico che tutti gli autori del passato, partendo dallo stesso Pitagora, lo inserissero come parte essenziale dell’alimentazione, visto che non esisteva lo zucchero (ai tempi della Grecia) o non si trovava facilmente (ai tempi di Ehret).

Come scritto altre volte, non faccio grosse obiezioni all’uso (non sistematico) del miele grezzo e non pastorizzato, purchè non diventi un sistema alimentare stabile. Prendere qualche cucchiaino di tanto in tanto può anche andare. Inserirlo come parte stabile e regolare dell’alimentazione, non penso vada bene.

Trattasi di prodotto naturale per le api e per la loro regina, e non naturale per gli uomini che hanno già il loro dolce bilanciato nella frutta. Il miele ha effetti leggermente stimolanti, per cui comporta una certa forma di dipendenza.

Oggigiorno non ci sono scuse. Non tanto perchè giri zucchero e circolino dolcificanti in abbondanza (il pessimo zucchero saccarosio e dolcificanti micidiali tipo l’aspartame), quanto perché oggi possiamo finalmente contare su buoni apporti di frutta, per cui diventa assurdo ricorrere a un integratore zuccherino tipo il miele, quando possiamo disporre in abbondanza e continuità del prodotto vero di cui abbiamo bisogno.

Per il clistere, ho già scritto in altre tesine che si tratta di uno strumento valido per il pronto soccorso e l’emergenmza, ma non come strumento di cura stabile, trattandosi di apparecchiatura e di metodologia invasiva ed innaturale, e non priva di effetti indesiderati e di dipendenza.

Ai tempi di Ehret la gente era particolarmente intasata dalla sporcizia intestinale, perché ancor meno di oggi comprendeva l’importanza della frutta e delle verdure crude.

L’errore più eclatante e distruttivo dell’uomo è quello di acidificare il sangue con cibi costipanti e muco-formanti. Il grado di sporcizia interna dell’individuo medio è qualcosa di inimmaginabile, scriveva a inizio’900.

Mancando la frutta nei negozi, soprattutto nei lunghi inverni tedeschi, possiamo immaginare che tipo di colon potessero avere le genti germaniche (e non solo germaniche) di allora.

Blocchi di cemento più che incrostazioni gommose di materiale fecale. Non mi meraviglia che lui contasse molto sul clistere. L’emergenza era continua e generalizzata.

Quanto ai cereali, e soprattutto alla crema di avena, alle pannocchie di mais e al pop-corn, che io continuo a raccomandare, occorre dire alcune cose. Ehret sta assai vicino alle posizioni di un altro grande di quegli anni, il professor Hilton Hotema, fruttariano e anticerealista sperticato, che è pure tra i miei autori preferiti.

L’acerrima lotta ai cereali da parte di Hotema, è inquadrabile storicamente nel fatto che cereali, soprattutto in quegli anni, significava allevamenti e macelli. Hotema trascorse poi gli ultimi 20 anni della sua lunga vita alle Hawaii, dove era ed è tuttora assai facile sopravvivere a magnifica frutta tropicale e a noci hawaiane per tutto l’anno.

Restando a noi, qui e nel nostro tempo, credo che sia improduttivo imporre l’idea dei cereali sì o dei cereali no. Ognuno sceglie secondo le sue preferenze. C’è gente rovinata dalle vaccinazioni, torturata da allergie varie, da celiachia (intolleranza al glutine) e cose del genere.

Ma i cereali non possono essere facilmente messi in un angolo. Le cliniche americane del dr Pritikin fanno da 30 anni a questa parte un ottimo lavoro terapeutico basato sulla dieta vegana-crudista e fruttariana anti-grasso, con grossi risultati ed eclatanti guarigioni, e i cereali non mancano affatto.

Nessuna critica ai fruttariani puri, a patto che riescano a farcela nel lungo periodo senza intoppi e senza crisi di alcun genere. Basilare semmai fare una netta distinzione tra amidi crudi (o cotti con intelligenza conservativa), e amidi stracotti, da biasimare ed evitare, ed Ehret non potè fare questa distinzione, mancandogli il conforto delle scoperte successive sui food-enzymes da parte del professor Edward Howell (vedi suo testo Enzyme Nutrition).

Gli amidi delle patate, delle zucche, delle manioche, delle banane, dei cavofiori, dei cavolini di Bruxelles e di tutte le crucifere amidacee, sono tutti alimenti di grande eccellenza. Se Ehret rivivesse oggi, andremmo a pranzo assieme in pieno accordo e in totale armonia.

Ai tempi di Ehret era nota qualche decina di enzimi corporali, mentre 50 anni dopo si conoscevano 1600 enzimi.

Ai tempi di Ehret non si conoscevano le differenze basilari tra minerale organicato e minerale inorganico, anche se già si intuivano (mentre ai tempi nostri, 100 anni dopo, ci sono luminari che insegnano nutrizione da importanti cattedre e non sanno un tubo di niente, da veri mangiapane a tradimento, per cui arrivano a non capire la differena tra crudo e cotto, e arrivano a raccomandare le acque minerali pesanti, al pari degli antichi medici che inviavano follemente gli anemici a bere acque ferruginose che li rovinavano ulteriormente).

Tirar via i cereali significa sguarnire le scelte di un individuo, ed aprire la porta a sostituti peggiori. Significa pure rinunciare a importanti apporti di vitamine del gruppo B.

Tirar via i cereali significa spesso rendere la gente affamata e vulnerabile, pronta a cadere nella irresistibile voglia di compensazione calorica (zuccherina o salina o cadaverinica).

I semini sono assai simili ai cereali, ricchissimi in preziosi minerali di calcio organicato e in vitamine del gruppo B, oltre che in grassi polinsaturi.

Tirar via cereali, legumi e noci, in nome di un falso rispetto ad Ehret o chicchessia, significa condannare i vegani al sottopeso e allo scheletrismo, offendo il fianco alle critiche dei carnivoristi, gonfi di cadaverina e di acido urico.

C’è sicuramente la possibilità di sviluppare i cereali ed assumerli sottoforma di germogli crudi, straricchi di sostanze nutritive prive di controindicazioni.

Tuttavia, sia i cereali cotti con qualche attenzione in più, che certi pani integrali da farine di alta qualità, e arricchiti con semini di sesamo, lino, zucca e girasole, mantengono notevoli valori alla resa dei conti e, consumati in associazione con abbondante crudità vengono assimilati e digeriti senza eccessivi effetti collaterali, per cui sono più che accettabili come leggeri compromessi e leggere deviazioni dal crudismo più rigoroso (come del resto sono accettabili alcuni compromessi con le paste integrali e le pizzette alle verdure, sempre entro intelligenti limiti di qualità, quantità e cottura, e sempre con l’accorgimento di un piatto di crudità che le preceda). Anche i legumi, o frutti musicali, non vanno sempre demonizzati

Per i legumi vale lo stesso discorso. È vero che tecnicamente la natura li ha dotati di proteine associate con gli amidi, per cui sono stati chiamati frutti musicali, provocanti spesso dei gas intestinali.

Ma i piselli freschi-crudi con o senza baccello, e i piselli freschi leggermente cotti, rimangono ottimi sotto ogni punto di vista. Stesso discorso per le tegoline e i fagioli freschi, purchè la cottura non sia eccessiva.

Stesso discorso per i lupini, conservati sotto acqua e sale, ma tutto sommato apprezzabili. Stesso discorso per la soia cotta e servita grezza all’interno dei suoi baccelli, ed anche per le arachidi fresche e cotte al vapore dentro il loro guscio, come avviene in tutti i paesi asiatici. Cibi promossi a pieni voti e senza alcuna riserva.

Quanto alle noci, ai pinoli, alle mandorle e alla frutta da guscio in genere, inquadrabile nel settore delle proteine vegetali, starei doppiamente attento a non eliminarla.

Non solo per l’apporto del solito gruppo B, ma anche per quello che ci offre in termini di grassi polinsaturi Omega-3. Trovo non solo improponibile, ma anche innaturale e sciocco, rinunciare a questi autentici omaggi di Madre Natura.

È verissimo che l’uomo ha scarsa dotazione di acido cloridrico, e che quindi non è in grado di disgregare le proteine animali. Ma con le proteine vegetali, più leggere e tollerate, il discorso cambia.

È tutta una questione di masticare con cura e di assumerle a fine pasto. Essere rigidi ed inquadrati su questa faccenda, come fa ad esempio Albert Mosseri, che sconsiglia le nocciole e le mandorle persino alle vegane in cerca di metter su un po’ di peso, mi pare uno strafalcione ideologico più che un atto di saggezza, con tutto il rispetto per l’anziano e famoso igienista francese.

Del resto ci sono stati importanti conferme successive ad Ehret nel settore dei cibi compatibili con un buon igienismo. Non ci riferiamo solo agli esperimenti di Kouchakoff sulla leucocitosi, ma anche a quelli di Andrè Simoneton, che hanno valutato la forza vibrazionale e revitalizzante di tutti i cibi crudi e leggermente cotti, che hanno visto la frutta elevata ai massimi gradi dell’infrarosso 8000-9000, seguita dalle umili patate cotte con la buccia addosso, e tuttavia ancora valide sui 6000 Angstrom e sui colori arancione (a conferma che gli amidi dei tuberi, dei cereali e dei legumi resistono alla cottura intelligente e non diventano cibi ladri come tutto il cotto in generale), e dai latticini a crudo di malga (ancora vitali a 5000 Angstrom, ma pur sempre acidificanti e pur sempre provenienti da animali che vengono poi macellati), mentre carni, pesce e proteine animali viaggiano in fondo alla tabella, in compagnia degli zuccheri industriali e dei cibi concentrati e devitalizzati, coi colori smorti tendenti al grigio e ai raggi X, e con valori che stanno al di sotto dei 3000 Angstrom, che sono sinonimo di ammalamento e di indebolimento, più che di nutrizione.

Aggiungerei un altro dato importante, per valutare dove sta la coerenza igienistica e dove sta la verità pratica. La stessa legge della toxemia di John Tilden dimostra come il nostro sangue non sia un liquido privo di pietà e di intelligenza, per cui ci permette qualche piccola marachella.

Entro certi limiti, che per semplicità possiamo immaginare intorno al 5%, e che variano da individuo a individuo, esso accetta e tollera i nostri sgorbi, i nostri errori e in nostri insulti, facendo scattare la luce rossa d’emergenza solo al superamento della barriera tossiemica.

La manciata di mandorle e noccioline, e la crema di avena coi semini, ci danno molto senza far scattare la luce rossa, e lo possiamo sperimentare su noi stessi, a patto che non accumuliamo in quei giorni altri tipi aggiuntivi di infrazioni in termini di scarso sonno, scarso movimento, e cose del genere.

Io stesso, dopo una bella lavorata nell’orto, posso concedermi mezzo bicchiere di vino o mezzo bicchiere di birra, sapendo che non sono innocenti, ma che non mi faranno accendere nessuna spia rossa.

Per valutare la negatività degli effetti nocivi di determinati cibi, non basta analizzare i cibi stessi per come essi sono, ma serve sempre valutare anche il motore che andrà a utilizzarli, controllando i suoi condotti, le sue valvole, il suo carburatore, il suo spinterogeno, nonché gli altri additivi che assume in contemporanea.

Ecco da dove nasce in ogni caso l’importanza della dieta tendenzialmente crudista, capace com’è di regalarci un maggiore margine di tolleranza per l’assunzione di cibi ai margini della lista.

Chiaro poi che l’insalata verde facilita al limite anche la digeribilità di cibi totalmente fuori dall’alveo igienistico, tipo la carne, i latticini, il pesce e le uova.

Un bel piatto di insalata iniziale, accompagnata con una fetta di pane integrale, è utile al limite anche al mangiatore di bistecca. Utile nel senso che lo sazia un po all’esordio, impedendogli di esagerare con le quantità, e nel senso che offre alcuni enzimi vivi per facilitare e velocizzare entro certi limiti la digestione della carne lungo un tratto gastrointestinale che non è assolutamente disegnato per essa.

Non mi sognerò dunque di incoraggiare la Valentina all’abbinamento insalata-pesce o riso-pesce, che sono abbinamenti caratteristici di ideologie totalmente estranee al nostro percorso.

Non conosco don Sergio Chiesa, né Fred Bisci, ma il fatto stesso che si ispirino alla Kousmine, che è totalmente fuori dalla Scienza Igienistica, li fa depennare dalla mia agenda.

L’igienismo prevede un equilibrio di corpo, mente e anima, e non semplicemente una apparentemente buona aggregazione di materiale nutritivo proveniente da qualsiasi settore.

Spiegare alla Valentina il perché non riesce a sopportare l’abbinamento insalata più cereali, non è cosa difficile. Prima cosa non si è saziata sufficientemente coi famosi 4-5 o 6 pasti di frutta giornalieri e presi lontano dai pasti (nei giorni precedenti), né si è saziata con qualche crema di avena coi semini, né si è saziata col pop-corn più fichi o col pop-corn più banane, per cui si presenta a tavola non con un normale e sano appetito, ma con una fame arretrata da lupi, in cerca di urgente compensazione.

Seconda cosa non ha l’abitudine al cereale e non ha mai provato ad apprezzare la deliziosità di un piatto di miglio con le zucchine, o di un grano saraceno col porro, o di un’ottima pannocchia di mais scottata nel suo cartoccio.

Provi magari a mangiarsi il primo piatto di insalata aggiungendoci dei germogli e dell’avocado, e accompagnando il tutto da una fetta di pane integrale spalmato di crema di olive, più dei pomodori secchi sott’olio per insaporire al meglio.

O provi un buon piatto di orzo e fagioli freschi, per il quale il mio caro amico Adolfo, eccellente capitano d’industria e cultore della buona cucina, non ci pensava due volte a inforcare la sua Ferrari e venire in un’ora e mezza da Verona a Udine per sbafarsene una mezza pentola.

Chiunque sogni di trovare dei compromessi impossibili ed improponibili, pescando regole nell’igienismo (Bisci fa esattamente questo, visto che le sue transizioni sono prese per i capelli dall’igienismo) e adattandole al carnivorismo, fa un buco nell’acqua e crea solo dei pasticci.

Serve un minimo di rigore scientifico e morale, se vogliamo restare a pieno titolo nell’ambito igienistico, nel tracciato di saggezza intramontabile ed eterna indicato dai vari Pitagora, Ippocrate, Galeno, Leonardo, Voltaire, Paracelso, Kuhne, Van Pettenkofer, Florence Nightingale, Graham, Béchamp, Ehret, Schweitzer e Shelton.

Valdo Vaccaro

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Scritto da Valdo Vaccaro

Valdo Vaccaro, classe 1943, è ricercatore indipendente, divulgatore e filosofo della salute. Da sempre ha fatto della dieta vegeto-crudista tendenziale, dell’amore per gli animali e la natura un modo di essere e uno stile di vita, in tutta autonomia e libertà. Valdo ha tenuto centinaia di conferenze in giro per l’Italia e nel mondo trattando vari temi tra cui salute, etica, attualità e altro ancora. Al momento, oltre all’attività sul blog, è direttore scientifico e docente della HSU – Health Science University, la prima scuola di Igienismo Naturale Italiana.

DISCLAIMER
Valdo Vaccaro è orgogliosamente NON-medico, ma igienista e libero ricercatore. Valdo Vaccaro non visita, non prescrive e non cura. Le informazioni presenti su questo sito hanno solo scopo informativo, non intendono e non devono sostituire il parere del medico curante.

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Commenti

2 Commenti

  1. Il Discepolo

    Non so. Leggendo, magari non ho capito proprio tutto, ma temo che ci siano delle combinazioni alimentari indicate da Valdo secondo me non completamente appropriate. I cereali, che poi sono molti ce da ammeterlo, da escludere come regola forse no. Ma dopo un certo periodo di alimentazione disintossicante, creano una reazione mucogenica a volte anche immediata. Questo mi sembra l'indice del fatto che l'uomo non è tagliato per i cereali. Il doverli cuocere, mi sembra il limite invalicabile per l'uomo primitivo, che sopravviveva senza. Diverso per le "noci" (in generale) veri e propri doni di Madre Terra. Allora cosa volere di più? Frutta fresca, ortaggi, verdure, noci, un po' di miele, semini oleosi. Olio per avere l'essenza di quella perla che è l'oliva (se non l'abbiamo in acqua e sale). Non manca nulla se ci aggiungiamo magari la frutta essiccata. Certo non tutto in un unico pasto! Poi ci sono i clisteri. Ma Valdo! Non è che oggi siamo messi poi tanto meglio di 100 anni fa per la salute intestinale! Né peggio né meglio. I clisteri di acqua o camomilla o caffé sono di fatto una manna dal cielo. Certo non come pratica per tutta la vita, ma fondamentali in un recupero della salute. E non fanno male, se non sono stimolanti della peristalsi. Lo consiglia anche il Vangelo Esseno della Pace, per il quale hai espresso ampiamente la tua simpatia. Non concordo poi sull'uscire dai binari per quel 5%. E' un'affermazione politcally correct, per far sapere, a chi si avvicina, che può anche farsi qualche concessione. Prediligo però un approccio più morbido nel cambiamento, magari passando attraverso un'alimentazione non perfetta me via via sempre migliore ed arrivare così ad uno stato di assoluto igenismo alimentare, piuttosto che un trauma al cambiamento che poi ti fa sgarrare. Ed il legame emotivo al vecchio cibo? Il cervello continuerà ad agoniare cibi emotivi, legati alla nostra infanzia, ai bei momenti, anche se sono il perggior veleno della terra. Un esempio di questo è Mr McDonald, il quale sfrutta abilmente questo trucco mettendo i giochi per bambini nei suoi cosiddetti "ristoranti" per far un bel transfert emotivo tra la gioia di un giorno con i genitori a giocare, ed il panino di animale morto con pane di plastica e zuccheri a go-go. Un cambiamento drastico fa male, al corpo ed alla mente. Una transizione intelligente, porta lentamente verso la luce persistente. Comunque Valdo grazie per i costanti spunti di riflessione che poni. Ciao

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  2. Sonia noMore

    Confesso che se non mangio cereali (anche solo in chicco integrale) in periodi energeticamente dispendiosi sento che mi manca qualcosa. Anche l’attività intestinale migliora.

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